Sosai Masutatsu Oyama (12 Luglio 1923 - 19 Aprile 1994)

Masutatsu (Mas) Oyama è nato a Qa-Ryong-Ri Yong-chi-Myo'n Chul Na Do il 12 Luglio 1923, in Sud Corea. Originariamente il suo nome era Yong-Li, solo successivamente è stato cambiato in Masutatsu Oyama.

In giovane età viene mandato a vivere nella fattoria della sorella, in Manchuria nella parte Sud della Cina.

All'età di 9 anni inizia a studiare il Tae-Kyon, Tae-Kwon-Pup, successivamente Kempo (stile della Cina del Sud, chiamato 18 Mani, sistema Shaku-riki) sotto la guida del Maestro Yi lavorando al tempo stesso come bracciante. Ritorna in Corea all'età di 12 anni, continuando a studiare il Kempo. 

Nel 1938 emigra in Giappone per diventare aviatore, proprio come il suo eroe del tempo, il primo Coreano pilota da combattimento. Purtroppo l'impresa risulta essere più dura di quello che immaginava, ancora di più per un Coreano in Giappone; così il sogno dell'aviazione viene messo da parte. 

Oyama, comunque, continua a praticare le Arti Marziali, in particolare lo Judo e la Boxe. Un giorno viene a sapere che alcuni studenti praticano il Karate di Okinawa. Questa notizia lo entusiasma incredibilmente ed entra a far parte del Dojo di Gichin Funakoshi presso la Takushoku University dove impara quello che oggi è conosciuto con il nome di Karate Shotokan. In un primo momento si allena con Giko Funakoshi, terzo figlio del Maestro Gichin. 

Perseverando quotidianamente negli allenamenti, riesce a progredire in modo impressionante, tanto che all'età di 17 anni ha già  conseguito il grado di 2° Dan e a 20 quello di 4° Dan entrando a far parte dell'Arma Imperiale Giapponese. 

Nello Judo, come nel Karate, i risultati non sono pochi: in meno di quattro anni dall'inizio, praticando al Sone Dojo ad Asagatake, riesce a conseguire il grado di 4° Dan anche in questa pratica. 

La difesa del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale e l'indignazione per l'occupazione da parte degli Occidentali finiscono per provare duramente lo spirito di Mas Oyama. Non si può dimenticare che per qualche anno, dopo la guerra, la pratica e l'insegnamento delle Arti Marziali fu proibito in Giappone anche se, successivamente, furono proprio gli Occidentali a provare un certo interesse per queste pratiche.

Nel 1940, i conflitti con Gichin Funakoshi che gli imponeva di frenare le sue tecniche, la sconfitta del figlio di Funakoshi, Yoshitaka, contro un combattente di Goju Ryu, lo portano a lasciare definitivamente lo stile Shotokan ed il gruppo Funakoshi e ad allenarsi in questo nuovo stile che lui giudica "più efficace". In questo modo, So Nei-Chu entra a far parte della vita di Oyama. So (un altro Coreano della stessa provincia di Oyama) vive in Giappone e, in quel tempo, considerato un'autorità nello stile Goju Ryu, famoso per la sua forza, sia nel fisico che nello spirito. Fu proprio lui che ad incoraggiare Mas Oyama a dedicare la sua vita alla ricerca della Via Marziale e a portare Mas Oyama a decidere di ritirarsi per tre anni dal resto del mondo per il suo addestramento fisico e spirituale.

A 23 anni, Mas Oyama incontra Eiji Yoshikawa, autore della novella Musashi (un libro da leggere per coloro che praticano le Arti Marziali), il quale ha dedicato la vita alla ricerca dei più famosi Samurai del Giappone. Sia la novella che l'autore aiutano Mas Oyama a capire il significato del Bushido (codice dei Samurai). In quell'anno Oyama, si reca dal Maestro Minobu, nella Prefettura di Chiba, dove Musashi sviluppò il suo stile di combattimento con la spada: il Nito-Ryu.

Oyama decide di cominciare un rigoroso piano di addestramento, studiato appositamente per se stesso. Tra le altre cose, porta con sè una copia del libro di Yoshikawa e uno studente di nome Yashiro. 

La solitudine è veramente dura, e dopo sei mesi, Yashiro scappa segretamente con il favore della notte. Questo fu un colpo ancora più duro per Oyama che, ora come mai, sentiva l'esigenza di ritornare nel mondo comune, tra la gente. So Nei Chu gli scrisse, invece, di rizzare le ciglia in modo da potersi sbarazzare di questo impulso. Sicuramente, Mas Oyama, avrebbe voluto vedere qualcun altro al suo posto, ma le parole di So ed altri fattori convinsero Oyama a perseverare, e divenne uno dei Karateka più forti e famosi di tutto il Giappone. 

Presto comunque, il suo sponsor lo informò di non poterlo supportarlo molto a lungo e così, dopo quattordici mesi di solitudine, dovette interrompere il suo lungo isolamento. 

Pochi mesi dopo, nel 1947, Mas Oyama vince la sezione relativa al Karate del Primo Torneo Nazionale delle Arti Marziali di Kyoto, un torneo senza esclusione di colpi, e riesce a superare lo sconforto per non aver completato i tre anni di solitudine. Durante una rissa in un locale notturno di Tokyo, Oyama uccide il suo avversario e viene arrestato, processato ed assolto per "auto-difesa". Decide quindi di dedicare la propria vita completamente alla Via del Karate. Così ricomincia, questa volta con il Maestro Kiyozumi, sempre nella Prefettura di Chiba. Questo posto viene scelto per lo sviluppo dell'elevazione spirituale. 

Questa volta il suo allenamento è veramente estremo, quasi fanatismo: 12 ore al giorno ogni giorno nessuno escluso, sostando al freddo sotto le scintillanti cascate, allenandosi a rompere pietre di fiume con il solo ausilio delle mani, usando gli alberi come Makiwara, saltando rapidamente tra le piante di lino centinaia di volte al giorno. Ogni giorno, oltre all'allenamento fisico, include un momento di studio degli antichi classici sulle Arti Marziali, sullo Zen e sulla filosofia. 

Dopo 8 mesi riesce ad raggiungere una completa confidenza con se stesso ed il controllo della sua vita. Mai più avrebbe potuto essere così pesantemente influenzato dalla societa che c'era intorno a lui, siccome, è probabile, nessuna circostanza avrebbe potuto essere così traumatica. 

Viene a sapere di un maestro di Okinawa, un certo Sokon Matsumura, combatte contro i tori. Nel 1950 Sosai (fondatore) Mas Oyama decide di mettere alla prova (e dimostrare) la sua forza combattendo contro i tori. In tutto combatte contro 52 tori, tre dei quali vengono uccisi all'istante, ai restanti 49 rompe le corna usando solo il taglio della mano. Con questo non si vuole certo dire che sia stato facile per lui. Oyama amava ricordare il risultato del suo primo tentativo contro un toro infuriato. Nel 1957 in Messico, all'età di 34 anni, è stato quasi ucciso da un toro che lo infilzò alla schiena, anche se, in qualche modo, Oyama è riuscito a tirarlo a se e gli ha rotto le corna. Dovette rimanere a letto per circa 6 mesi a causa della gravità delle ferite riportate. Oggi, ovviamente, qualche gruppo di animalisti potrebbe avere qualcosa da ridire a proposito di queste dimostrazioni, malgrado quegli animali fossero comunque destinati al macello. 

Nel 1952, si trasferisce negli Stati Uniti per un anno, dando dimostrazione del suo Karate dal vivo e sulla televisione nazionale. Durante gli anni successivi, riceve numerose sfide da pugili, thai-boxer, lottatori di wrestling, dominando su tutti, vincendo contro circa 270 diversi sfidanti. La maggior parte di queste persone vengono addirittura sconfitte con un solo pugno e i combattimenti non duravano più di tre minuti, in alcuni casi solo qualche secondo. Il suo principio di combattimento è semplice: se riesce ad arrivare fino all'avversario..."cosi sia". 

"Se ti colpisce ti rompe. Se blocchi un suo pugno alle costole, il tuo braccio si rompe o si sloga. Se non lo blocchi, la tua costola si rompe". Arriva ad essere conosciuto come "La Mano di Dio", "L'uomo più forte sulla faccia della terra", una manifestazione vivente del più grande guerriero Giapponese Ichi Geki, Hissatsu o, ancora, "Un colpo, morte sicura". Per lui, quello era il vero scopo del Karate. L'eccessivo lavoro di gambe e le tecniche complesse erano secondarie, nonostante fosse conosciuto anche per la potenza dei suoi calci alla testa. 

E' durante una delle sue visite negli Stati Uniti che Mas Oyama incontra Jacques Sandulescu, un gigante (190 cm. e 190 Kg. di muscoli), Rumeno che, un tempo, era stato fatto prigioniero dall'esercito Russo all'età di 16 anni e inviato a lavorare nelle miniere di carbone per due anni. I due arrivano ad essere amici per tutta la durata della vita di Oyama e Jacques rimane tutt'oggi un elemento di spicco della IKO(1). 

Nel 1953 Mas Oyama apre il suo primo Dojo, un lotto di prato a Mejiro (Tokyo), ma l'apertura del suo primo vero Dojo avviene nel 1956 all'interno di uno studio da ballo, dietro la Rikkyo University, a 500 metri dall'attuale Quartier Generale (Honbu Dojo). Nel 1957 conta ben 700 iscritti, nonostante l'alta percentuale di rinunce dovute all'eccessiva durezza degli allenamenti. 

Anche i praticanti di altri stili decidono di allenarsi quì, per il jis-sen kumite (combattimento a contatto pieno). Uno degli istruttori originali, Kenji Kato, disse che erano soliti osservare gli altri stili, per valutare la possibilità di adottare alcune tecniche che "avrebbero potuto essere utili in un combattimento reale". Questo ha fatto si che il Karate di Mas Oyama si evolvesse, adottando tecniche proprie di altre Arti Marziali, senza chiudersi nel solo Karate. 

I praticanti del Dojo di Mas Oyama concepiscono il combattimento in modo molto serio, guardandolo prima di tutto come arte da combattimento. In questo modo si aspettano di colpire ed essere colpiti. Con poche restrizioni, l'attacco alla testa diviene una cosa del tutto normale. Prese, proiezioni, colpi alle costole diventano comuni. I combattimenti si ripetono finchè uno dei due combattenti non viene battuto. Gli infortuni in combattimento diventano una cosa quotidiana e la percentuale di abbandono cresce vertiginosamente (oltre il 90%). Vengono indossati dei do-gi non tradizionali ed è possibile indossare quello che si vuole. 

Nel 1952, Mas Oyama tiene una dimostrazione alle Hawaii. Un giovane Bobby Lowe ha modo di assistere a questa dimostrazione e rimane stupefatto dalla potenza dimostrata da Oyama. Bobby Lowe, comunque, non era certo un novellino nelle Arti Marziali. Nonostante fosse abbastanza giovane, la sua conoscenza non era da meno dello stesso Mas Oyama. Suo padre era già da tempo un istruttore di Kung Fu, ed aveva partecipato in qualche combattimento quando aveva potuto. All'età di 23 anni, aveva il grado di Yodan nel Judo, Nidan nel Kempo, Shodan nell'Aikido, ed era un temuto e rispettato boxer. 

Non passa molto tempo prima che Bobby Lowe diventi il primo Kyokushin Uchi-Deshi, o "studente in vita", di Mas Oyama. Si allena quotidianamente con lui per circa un anno e mezzo. Successivamente Uchi-Deshi venne usato per dire "mille giorni dal principio". Questi Uchi-Deshi venivano conosciuti come Wakajishi, o i "Giovani Leoni" di Mas Oyama e solo una piccola cerchia dei centinaia di praticanti venivano scelti ogni anno per il privilegio di allenarsi per tutto il tempo sotto la guida del Maestro. 

Nel 1955 Mas Oyama riceve il suo 6° Dan da Gogen Yamagushi. 

Nel 1957, Bobby Lowe ritorna alle Hawaii ed apre la prima Scuola di Oyama fuori dal Giappone. Mas Oyama incontra e allena Duke Moore e Donald Buck (Don Buck) un fortissimo Judoka e Boxer. Dopo un lungo periodo di addestramento, Oyama conferisce loro l'incarico di insegnare il Kyokushin. Don Buck apre il suo primo Dojo a Divisedero (San Francisco). L'8 Settembre del 1960, Mas Oyama si reca a San Francisco e promuove Duke Moore a Shodan e Don Buck a Yodan. Don apre il suo Dojo personale, riceve la carica di responsabile e apre un altro Dojo a San Clemente (San Francisco). 

Nel 1961 Mas Oyama apre il suo Dojo a Los Angeles, il Los Angeles Dojo. 

Nel Gennaio del 1964, cinque fortissimi Thai Boxers della Thailandia sfidano il Dojo di Mas Oyama. Il Dojo di Oyama ne esce vincitore con tre incontri vinti su cinque. 

Nel Luglio del 1966 viene fondata l'IKO per il Nord America, nel 1968 per l'Europa, nell'Agosto dello stesso anno per il Mezzo-Est e nell'Ottobre quella per il Sud Pacifico. Nel Febbraio del 1969 viene fondata l'IKO per il Sud Africa, in Aprile quella per il Sud-Est dell'Asia.

Nel 1969 organizza il primo KyokushinKai All Japan Karate Tournament.

Nel 1970 Mas Oyama tiene la Prima Conferenza IKO per gli Stati Uniti a Los Angeles. Presidente Tadashi Nakamura, Vice Presidente Stephen Senne. 

Nel Giugno del 1971, il Dojo di New York diventa la sede principale per gli Stati Uniti. 

Nel 1972 organizza la seconda edizione del campionato mondiale World Union Karate-Do Organization (W.U.K.O.) a Parigi.

Nel Febbraio del 1973, Mas Oyama arriva negli Stati Uniti incontrando i responsabili dei vari Dojo, riuniti per l'occasione nel Dojo di Don Buck. In questa circostanza Oyama li incoraggia ad inviare i loro migliori combattenti al 1° Torneo Mondiale di Karate Open.  

Nel 1974 Mas Oyama riceve il grado di 9° Dan dai più importanti responsabili dell'organizzazione sparsi in tutto il mondo. Stephen Senne riceve il 4° Dan da Mas Oyama e Don Buck. 

Nel 1975 si tiene il 1° Torneo Mondiale di Karate Open. 

Nel Settembre del 1989, Mas Oyama nomina Don Buck come Presidente della IKO per gli Stati Uniti. 

L'attuale Quartier Generale è stato aperto nel Giugno del 1964, quando il termine Kyokushin, che vuol dire "Estrema Verità", venne adottato. Da allora il Kyokushin ha continuato ad espandersi in più di 120 paesi, contando attualmente oltre 12.000.000 di iscritti, divenendo una delle più grandi organizzazioni di Arti Marziali nel mondo. Fra le più conosciute Cinture Nere del Kyokushin, ci sono Sean Connery (Shodan onorario), Dolph Lundgren (Sandan) - il russo "cattivo" in Rocky IV - e il Presidente del Sud Africa Nelson Mandela (Hachidan onorario). 

Tristemente, Sosai Mas Oyama muore a causa di un cancro al polmone (come non fumatore), all'età di 70 anni il 19 Aprile del 1994, nominando il poi 5° Dan Akiyoshi Matsui (attualmente 8° Dan) a capo dell'organizzazione. Questa scelta ha generato diverse ramificazioni all'interno del mondo del Kyokushin, sia politiche che economiche, che, tutt'ora, non sono state risolte. Alla fine, il risultato potrebbe essere una frammentazione incontrollabile del Kyokushin, molto simile a quello che è stato per lo Shotokan che ora, a confronto, sembra avere la meglio. Ogni gruppo asserisce di essere il solo e unico erede del KyokushinKai di Mas Oyama sia a livello spirituale che finanziario. Qualcuno ha persino detto che il Kyokushin non può continuare ad esistere senza Mas Oyama. Resta certo che tutti i gruppi del KyokushinKai, incuranti della loro ultima alleanza, dovranno, comunque, mantenere gli standard posti dal grande Mas Oyama. 

C'è anche chi pensa che una dispersione del KyokushinKai potrebbe essere un fatto positivo: prima o poi in tutte le buone famiglie, i figli dovranno andarsene dalle case dei loro genitori e formare le proprie famiglie. Alcuni dei gruppi distaccati potranno rimanere fedeli ai principi del KyokushinKai, come ha fatto Hanshi Steve Arneil in Gran Bretagna nel 1991 fondando della IFK. Molti altri, invece, come Shingeru Oyama negli Stati Uniti, hanno utilizzato questi principi per favorire lo sviluppo di un loro stile basato sul KyokushinKai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gichin Funakoshi (1868-1987)

Gichin Funakoshi è considerato il padre del moderno Karate-Do. E' nato nella capitale di Okinawa di Shuri in una famiglia della classe Shizoku (classe superiore). E' stato istruito da Yasutsune Azato e Yasutsune Itosu ed è stato il fondatore del Karate Shotokan. Lo studente più famoso del suo Dojo è stato Masutatsu Oyama, fondatore dello stile Kyokushinkai. E' proprio grazie al Maestro Funakoshi che il Karate ha potuto diffondersi, prima in Giappone e poi in tutto il resto del mondo.

Ha riunito il suo modo di intendere il Karate in questi 20 principi: 

Non dimenticare che il Karate inizia e finisce con rispetto.

Non esiste l'attaco per primo nel Karate.

Il Karate fortifica l'onestà.

Prima conosci te stesso e poi conoscerai gli altri.

Prima di una tecnica fisica, una tecnica mentale.

Lascia che la tua mente vaghi liberamente.

Distrazione e negligenza, cause di sfortuna.

Non pensare che il Karate debba essere praticato solo nel Dojo.

Il Karate è lungo una vita.

Tutto ciò che incontri è un aspetto del Karate: trova lì la verità meravigliosa.

Il Karatè è simile alla bollitura dell'acqua: se non tieni la fiamma alta, è tiepida.

Non pensare a vincere; pensa a non perdere.

Rispondi in cortesia al tuo oppositore.

Affronta la battaglia con naturale strategia.

Considera le tue mani e i tuoi piedi come spade affilate.

Esci fuori dalla porta e fronteggia 10.000 nemici.

Impara le varie posizioni come un principiante ma poi confida su una posizione naturale.

Il Kata deve sempre essere praticato correttamente: il combattimento reale è un'altra cosa.

Non dimenticare i tuoi punti di forza e di debolezza, le limitazioni del tuo corpo, e la conseguente qualità delle tue tecniche.

Leviga continuamente la tua mente.

Shihan So Nei-Chu

"Quando sono stato spinto verso la mia stessa rovina, il signor So Nei-Chu, un anziano della mia provincia natale, mi ha salvato dalla crisi. Il signor So, un pensatore e Maestro di Karate, è stato un uomo unico, sia per il carattere che per la fiducia. Inoltre, era devoto alla Setta di Nichiren. Mi ha predicato che le arti marziali e la religione sono inseparabilmente unite e mi ha insegnato le Sacre Scritture della sua Setta. 

Quando sono giunto alla conclusione di quello che avevo deciso di fare, sono andaro a vederlo, e il signor So, dopo avermi incoraggiato, mi ha detto "Hai di meglio da prendere dal mondo. Cerca conforto nella natura. Ritirati in solitudine, in qualche nascondiglio della montagna per allenare la tua mente e il tuo corpo. In tre anni guadagnerai qualcosa di incommensurabile. Come dice il proverbio Tempera il ferro caldo prima che si raffreddi, così allena te stesso nell'autodisciplina prima di diventare più vecchio se desideri essere un uomo grande".

Quando ho udito il discorso del signor So, mi sono sentito improvvisamente come svegliato e ho capito il percorso da prendere. La massima orientale Confuciana è Prima allena te stesso, dirigi una famiglia e regna su un paese. E' essenziale imparare prima ad addestrare se stesso, se qualcuno vuole amministrare gli affari della ricchezza statale.

Al signor So sarò sempre grato per i suoi consigli e gli insegnamenti che hanno fatto di me un Maestro di Karate. Ho fatto che la mia mente si concentri sulle difficoltà che dovrò incontrare. Ho ripensato a tutte le azioni futili che ho fatto in passato e ho deciso, come mi aveva consigliato il signor So, di isolarmi sul Monte Kiyozumi nella Prefettura di Chiba".

Parole di Masutatsu Oyama, tratte dal suo libro Cos'è il Karate (What is Karate?).

So è stato allievo diretto di Gogen "Il Gatto" Yamaguchi. Masutatsu Oyama è stato uno dei più famosi studenti di So Nei-Chu.

Lo Spirito del Budo (di Sosai Mas Oyama)

Sosai Mas Oyama, ha riunito in questi 11 motti la sua intera filosofia sulle Arti Marziali, conosciuti anche come Zayu no Mei Juichi Kajo, che sono sempre stati essenziali per il suo insegnamento.

1) La Via delle Arti Marziali inzia e finisce con cortesia. Perciò sii sempre propriamente e sinceramente cortese.

2) Seguire la Via delle Arti Marziali è come scalare una montagna. Continua a scalarla senza riposo. Richiede devozione assoluta e decisa al compito a mano.

3) Sforzati di prendere l'iniziativa in tutte le cose, guardandoti sempre da azioni dettate dall'auto egoismo o senza riflettere.

4) Anche per il praticante di Arti Marziali, il piacere dei soldi non può essere ignorato. Tuttavia dovrebbe stare attento a non attaccarsi a questo.

5) La Via delle Arti Marziali è concentrata sulla posizione. Sforzati di mantenere sempre la posizione corretta.

6) La Via delle Arti Marziali comincia con mille giorni ed viene perfezionata dopo diecimila giorni di addestramento.

7) Nelle Arti Marziali, l'introspezione genera saggezza. Guarda sempre contemplazione sulle tue azioni come un'opportunità per migliorare.

8) La natura e lo scopo delle Arti Marziali è universale. Tutti i desideri egoisti dovrebbero essere arrostiti nei fuochi del temperamento del duro addestramento.

9) Le Arti Marziali iniziano con un punto e finiscono in un cerchio. Linee dritte dirette da questo principio.

10) La vera essenza dell'Arte Marziale può essere realizzata solo attraverso l'esperienza. Conoscendo questo, impari a non temere mai la sua domanda.

11) Ricordati sempre, nelle Arti Marziali, le ricompense di un cuore fiducioso e grato sono veramente abbondanti.

Lo Spirito dell'OSU!

"Osu" significa pazienza, rispetto e apprezzamento. Nell'ordine, per sviluppare uno corpo e uno spirito forte, è necessario allenarsi duramente. Tutto ciò richiede grandi sacrifici, perchè devi spingere te stesso al limite, e la reazione più spontanea è fermarsi, smettere quello che si sta facendo. Raggiunto questo punto devi combattere contro te stesso e la tua debolezza, e puoi vincere! Facendo questo impari a perseverare, ma anche ad essere paziente. Questo è OSU!

La ragione per cui ti esponi a questo duro allenamento è perchè impari ad avere cura di te stesso, nonchè ad amarti e rispettarti. Questa forma di auto-rispetto sviluppa ed espande il concetto di rispetto per il proprio istruttore e per i propri studenti. Quando entri in un dojo chini il capo e dici "Osu!". Questo significa rispetto per il dojo e per il tempo che spendi per allenarti in quel luogo. Questo sentimento di rispetto è OSU!

Durante l'allenamento spingi te stesso nel modo più duro possibile perchè rispetti te stesso. Quando hai finito chini il capo al tuo istruttore e agli altri studenti e dici "Osu!" ancora una volta. Lo fai per dimostrare apprezzamento. Questo sentimento di apprezzamento è OSU!

Così "Osu" è una parola molto importante nel Karate KyokushinKai perchè significa pazienza, rispetto e apprezzamento. Ecco perchè usiamo sempre la parola "Osu", per ricordare a noi stessi queste indispensabili qualità.

Confucio scrisse che "la sincerità è la fine e l'inizio di tutte le cose". Questa filosofia può aiutare tutti noi nella pratica dei principi del Kyokushin di Sosai Mas Oyama. Confucio continuava dicendo che "percepire quello che è giusto, e non applicarlo, vuol dire mancanza di coraggio". Tutti dovremmo cercare di vivere la mia vita quotidiana seguendo questi principi al meglio.

In questa pagina ho riportato le parole di Shihan Cameron Quinn, pubblicate nel suo libro "The Budo Karate of Mas Oyama". Shihan Quinn ha combattuto, distinguendosi, nel IV Campionato Mondiale del 1987 e può essere considerato un vero ambasciatore dello "Spirito dell'Osu".

Quinn scrive: "Esiste un detto in Giappone Ischi no ue ni san nen. Tradotto, significa "Tre anni su una roccia". Questo detto simbolizza che bisogna perseverare in ogni momento. E' una delle filosofie più importanti del Karate KyokushinKai".

"Il Kyokushin è un'arte che offre molte cose, a breve o a lungo termine, secondo gli scopi del praticante. Alla fine, si comprende che, a prescindere dai calci, pugni e kata, esiste uno spirito speciale nel cuore di ogni praticante. Insegna ad affrontare faccia a faccia i problemi della vita quotidiana con un atteggiamento maturo e tollerante. Un Budo-ka non può essere scosso facilmente dai colpi delle avversità, portando l'essere a comprendere le sue vere potenzialità, senza mai tirarsi indietro".

Proseguendo su queste parole sullo sviluppo del carattere, Quinn scrive: "Questa forza nel carattere sviluppata attraverso il duro allenamento è conosciuta come "osu no seishin". La parola Osu deriva dalla frase "Oshi ShinobU", che significa "perseverare nonostante essere stati respinti". Implica la buona volontà di spingere se stessi ai limiti della resistenza, perseverare sotto ogni genere di pressione".

Continua: "La singola parola Osu racchiude molto accuratamente il significato di quello che l'arte del Karate, in particolare il Kyokushin, ha da offrire. Chiunque riesca a manifestare lo "spirito dell'Osu" in ogni parola, pensiero, e azione, può essere considerato saggio e coraggioso. Allenandosi bisogna avvicinarsi quanto più è possibile allo "spirito dell'Osu". La vita quotidiana e le responsabilità di ognuno dovrebbero essere vissute in modo più completo avvicinandole allo "spirito dell'Osu".

"Anche per il principiante, che è consapevole della sua mancanza di allenamento e non vuole affrontare le difficoltà dell'allenamento, è già abbastanza essere consapevole che attraverso la perseveranza e la volontà di continuare, avrà un guadagno a livello fisico, mentale, spirituale ed emozionale. Tutto quello di cui ha bisogno è una determinazione speciale".

Chi ha avuto modo di leggere il libro di Shihan Quinn è convinto, senza ombra di dubbio, che si tratti di uno dei più completi e curati libri sulle motivazioni e sulla spiritualità del Karate, un Must da mettere tra "The Kyokushin Way" di Mas Oyama, "Il libro dei cinque anelli" di Miyamoto Musashi", e "Bushido: The Soul of Japan" di Inazo Nitobe. Quattro libri che ogni praticante di arti marziali dovrebbe possedere.

Shihan Quinn è stato coinvolto nel mondo del Kyokushin per diverse decadi ed è stato studente nell'Honbu in Giappone. Sosai Mas Oyama, fondatore del Karate KyokushinKai, a proposito del libro di Shihan Quinn scrisse: "Sono molto contento che Cameron Quinn abbia scritto questo libro...dimostra un atteggiamento che dovrebbe essere il primo nelle menti di tutti gli istruttori". Shihan Bobby Lowe, uno degli istruttori più anziani di Kyokushin, lo definisce "un Samurai dei giorni nostri".

Osu Shihan.

Il KyokushinKai in breve

Il Karate KyokushinKai, ufficialmente, ha iniziato ad esistere intorno al 1964. Il suo fondatore, Sosai Mas Oyama, ha iniziato a svilupparlo all'inizio degli anni '50, avendo studiato inizialmente lo stile Shotokan sotto la guida del Maestro Gichin Funakoshi, e lo stile Goju Ryu sotto la guida di Shihan So Nei-Chu. 

KyokushinKai significa Associazione dell'Estrema Verità. 

Acquista rapidamente popolarità, arrivando, attualmente, a contare in tutto il mondo oltre 12.000.000 di praticanti. Arriva ad essere conosciuto come "Il Karate più Forte", non solo per le incredibili prove di forza e resistenza realizzate da Mas Oyama, ma anche per i rigorosi requisiti dell'allenamento e dei tornei. 

Nel 1994, Mas Oyama muore lasciandosi dietro un'organizzazione veramente confusa. Mentre è sul suo letto di morte, nomina spontaneamente Akiyoshi Matsui, attualmente 8° Dan, come suo successore. Benchè Matsui avesse i giusti requisiti, sia nel KyokushinKai che nella gestione dell'organizzazione mondiale, molti dei più alti membri e Branch Chief dell'organizzazione, hanno avuto di che ridire su questa decisione. Come conseguenza, c'è stata una spaccatura nell'organizzazione Giapponese, che si è propagata all'interno del resto del mondo del KyokushinKai. 

Esistono numerosi stili basati sul KyokushinKai che sono stati fondati da Karateka che hanno raggiunto notevoli risultati sotto la guida di Mas Oyama. I più noti, tra gli altri, sono gli stili delle scuole World Oyama Karate e Seido. E' da notare che i fondatori di questi stili, sono stati fra i primi a completare il Kumite da 100 Uomini.

Il titoli nel KyokushinKai

Nelle Arti Marziali Giapponesi, esistono diversi titoli usati per identificare il grado dei più anziani, e dei più giovani in alcuni casi.

Il Kyokushin ne utilizza alcuni, ma esistono, tuttavia, alcune differenze, soprattutto per il modo in cui vengono usati. In questa pagina vengono riportati i titoli e le loro variazioni. Include sia i titoli della corrente principale del KyokushinKai, sia quelli degli stili derivari dal KyokushinKai, nonchè quelli utilizzati in altri gruppi o stili.

E' da notare che esitono dei titoli assoluti e dei titoli relativi. I titoli assoluti sono quelli il cui significato rimane invariato nonostante il proprio grado. I titoli relativi sono quelli che dipendono dal proprio grado.

Un altro punto di discussione è quello se il titolo del grado dovrebbe venire prima o dopo il nome del praticante. Da quello che si può capire, in Giapponese, è giusto mettere il nome prima del titolo. In Italia, invece, come in molti altri paesi (come l'Australia) questo non avviene. Usiamo, cioè, i titoli secondo le convenzioni Inglesi, dove il titolo onorifico viene posto prima del nome, ad esempio Sig. Rossi, Dott. Verdi, ecc...

Se qualcuno è a conoscenza di altri titoli, non riportati in questa lista o comunque utilizzati nel Karate, può comunicarmeli via e-mail. 

KyokushinKai

Kohai.

E' un titolo relativo. Il Kohai è un giovane studente- chiunque abbia un titolo più basso di te o che comunque abbia cominciato più tardi di te. Se sulla stessa fila, con lo stesso grado e gli stessi tempi di pratica, il Kohai è il più giovane in termine di età. Questo titolo, di solito, viene applicato alle sole file del Kyu. Viene considerato da maleducato o da padrone, indirizzare questo termine a qualcuno in modo diretto. Il termine Kohai viene utilizzato solo per riferirsi ai soggetti in terza persona, mai direttamente.

 

 Senpai.

La versione relativa significa Grado Superiore ed è usata per identificare il più anziano della fila dei Gradi Superiori.

Sebbene possa essere applicato tra un Yudansha, ad esempio un Sandan, che può chiamare Senpai uno Yodan, questo è improbabile, in quanto questi hanno già un titolo che lo sostituisce. Inoltre, questo titolo è più propriamente utilizzato tra le file del Kyu. La versione assoluta di questo titolo si riferisce specialmente alle file del Nidan, anche se, di solito, viene applicta anche alle file dello Shodan. Questo sistema fa si che i titoli vengano conferiti piuttosto che acquisiti in modo automatico, questo titolo viene applicato alle file del Sandan o anche dello Yodan finchè a qualcuno non viene conferito il titolo di Sensei. Così, chiunque, dal 10 Kyu al 10 Dan, potrebbe chiamare queste persone Sempai.

 Sensei.

Letteralmente, significa Istruttore. In alcuni paesi si acquisisce solo con il grado di Sandan o Yondan, in altri, invece, in relazione al grado della cintura. In alcuni stili esiste anche una rifinitura di questo titolo, Sensei-ho, che ha il significato di "Maestro nell'addestramento". Esiste, comunque, anche come termine di rispetto in Giapponese per tutti gli istruttori, e non è giusto nel Karate, perchè spesso all'interno di un Dojo viene chiamato Sensei chi, indifferentemente, è il capo oppure uno o più istruttori.

 Shihan.

Come indicato nel libro di Cameron Quinn, questo titolo ha il significato di Esperto, applicato per tutte le file che vanno dal grado di Godan in poi. In alcune organizzazioni viene utilizzato solo per il grado di Godan e Rokudan, in altre solo per indicare il Capo del Ramo, e così, ognuno, dal grado di Sandan in poi, può essere chiamato Sensei a meno che non sia un Capo del Ramo. I possessori del grado di Godan, possono essere, in alcuni casi, chiamati Shihan-dai, che suona come qualcosa del tipo Giovane Esperto.

Hanshi.

Ha il significato di Maestro e viene assegnato ai possesori del 7° e dell'8° Dan. In molti stili derivati dal Kyokushin (soprattutto non Giapponesi), questo viene conferito in modo del tutto automatico. In Giappone, invece, viene usato raramente.

Kancho.

Significa Presidente. Inizialmente è stato tenuto da Mas Oyama, attualmente è il titolo utilizzato da Akiyoshi Matsui, suo erede appartenente all'IKO(1), e Chiyako Oyama, vedova di Mas Oyama, nell'IKO(2).

 Sosai.

Ha il significato di Fondatore, e fu assunto da Mas Oyama nel 1985 quando ha assunto la carica di amministratore nell'organizzazione.

 Saiko Komon.

Significa Alto Consigliere. E' il titolo attualmente usato da Hatsuo Royama e Yuzo Goda nella funzione di consiglieri più importanti per Kancho Matsui. 

 

Stili derivati dal KyokushinKai

 Soshu.

Letteralmente, significa Fondatore, ed è utilizzato da Shigeru Oyama che ha fondato il gruppo World Oyama Karate.

 Shoseki Shihan.

Significa La Cima degli Shihan ed è molto simile a Saiko Shihan.

 Saiko Shihan.

Il significato suona come Capo degli Shihan ed era il titolo di Shigeru Oyama quando era ancora con la IKO.

 Kaicho. 

altri stili

 Renshi.

Kyoshi.

Dai-Senpai.

Cinture Nuove o Vecchie?

Una corrente di pensiero riguardo al significato delle cinture è che queste vogliano rappresentare, in modo simbolico, il proprio sudore e lo sforzo. In alcune scuole sono proprio gli stessi studenti a dipingere la propria cintura, anche per dare più importanza al grado conseguito, in primo luogo proprio attraverso la colorazione della cintura, ed in secondo luogo perchè siano certi che il sudore versato durante gli allenamenti sia tutto loro. "Se vuoi vedere il sudore versato durante il mio allenamento, guarda in basso al mio do-gi, dove è legata la cintura. L'arcobaleno di colori è colato dalle cinture a causa del mio sudore, e fissato dal sale del mio sudore è lì come prova per chiunque voglia vederlo."

In alcuni Dojo esiste una tradizione, che è quella di dare la propria cintura ad una persona appena promossa dalla fila precedente, e, promosso di un grado, ricevere la nuova cintura da una persona della fila successiva. 

Lavarle o non lavarle?

In molti Dojo è usanza non lavare mai la propria cintura. Lavare la cintura significherebbe lavare via il sudore versato durante tante ore di addestramento. Qualcuno, invece, non lava la propria cintura per il semplice motivo che potrebbe sbiadirsi, ritrovandosi ad avere una cintura grigia anzichè nera, una ciano anzichè blu, ecc... 

 

 

 

Utilizzo.

Se ne sono dette tante sul significato delle cinture.  Le cinture sono simboli. Chiunque ha bisogno di simboli, alcuni più di altri. Alcuni sono dettati da noi, altri sono spontanei. Qualcuno ha detto "Il Karate non è nella cintura, ma è nella mente". Si potrebbe essere in pieno accordo con questa affermazione, ma proviamo ad immaginare, ad esempio, un esercito in cui un Generale non porta gradi al pari di una milite di leva...che casino! Ogni nazione ha la sua bandiera e, per quanto astratta possa essere, ha una sua funzione. Il punto è: siamo felici di utilizzare questi simboli.

In ogni Dojo in cui si pratica il KyokushinKai, le cinture servono a formare le diverse file, suddivise, appunto, per grado.

Il sistema dei colori del KyokushinKai è attualmente strutturato in questo modo: bianco, arancione, blue, giallo, verde, marrone e, per il passaggio al grado di esperto, nero. Ogni colore, dal blue al marrone, viene portato per due gradi. Il grado successivo per ogni colore viene rappresentato applicando una striscia di colore nero a circa 10-15 centimetri da ogni estremità della cintura. 

CINTURA BIANCA

Purezza                              

Il bianco è il simbolo della purezza, almeno per quanto riguarda la cultura Giapponese. Il nuovo studente, con la cintura bianca, viene descritto come puro, privo cioè della conoscenza e dei requisiti dell'Arte. La purezza è persa per sempre appena esegue il primo esercizio all'interno del Dojo, ed inizia il viaggio attraverso lo spettro dei colori. Non c'è alcuna vergogna ad essere cintura bianca e l'istruttore, più di tutti, è consapevole di questo fatto, in quanto anche lui o lei lo è stato un tempo.

Un tempo nell'Hombu Dojo in Giappone, sotto la guida di Mas Oyama, la tradizione voleva che l'Uchi-Deshi (vivere da studente) si radesse la testa come segno della sua dedizione. Il terzo anno da Uchi-Dechi, oggi classificato come cintura nera, ripeteva questo gesto in segno di umiltà, simbolicamente come "ritorno allo spirito di principiante". 

CINTURA ARANCIONE

Stabilità                             

Una volta, al posto della cintura arancione, veniva adottata la cintura rossa. La ragione di questo cambiamento sta nel fatto che in alcuni stili e organizzazioni la cintura rossa indica un grado veramente alto, ad esempio 5° Dan o più alto ancora, e che la indossi un giovane Kohai sminuirebbe i Yudansha muniti di questa cintura.

Attraverso l'addestramento da cintura arancione, lo studente viene a conoscenza delle vere basi per il Karate. Dimentica il suo modo di lottare ed impara a conoscere il suo corpo, il senso dell'equilibrio e della coordinazione enfatizzando la posizione. 

CINTURA BLU

Fluidità ed Adattabilità                

Finchè il lavoro effettuato da cintura arancione possa essere continuato, il Karateka comincia a lavorare sul corpo in maniera più approfondita, sulla forza, l'elasticità e la coordinazione. Impara quello che può essere definito con la frase "Prendila facilmente" e, se ha successo in questo, l'allenamento diventa un vero piacere, lo studente comincia ad avvertire i benefici dell'addestramento e ad avvertire un senso di benessere generale.

Il Karateka deve prendere il controllo della mente e del corpo, attraverso la consapevolezza che se troppo esposto potrebbe essere colpito e farsi male, a non pensare ad asciugarsi la goccia di sudore che gli cola giù dal viso o a sbadigliare nonostante la stanchezza. 

CINTURA GIALLA

Asserzione                        

Lo studente impara a focalizzare il suo potere, attraverso la concentrazione sull'Hara, localizzato nell'area del basso ventre, in genere il punto dove viene posizionato il nodo della cintura che indossiamo.

Questo è il momento in cui si cominciano a vedere i risultati della maturità psicologica dell'allievo, con l'enfatizzazione della coordinazione mente-corpo che si traduce in velocità e potenza nell'esecuzione delle tecniche. 

CINTURA VERDE

Emozione e Sensibilità 

CINTURA MARRONE

Praticità e Creatività      

CINTURA NERA (Senpai)                            

CINTURA NERA (Sensei)                            

CINTURA NERA (Shihan)                            

CINTURA NERA (Hanshi)

 

Il Kumite da 100 uomin

Il Kumite da 100 Uomini, viene visto come l'ultima prova della perseveranza fisica e mentale nel mondo delle Arti Marziali. 

Praticamente, consiste nell'affrontare una serie di combattimenti, della durata di 1.5 o 2 minuti, contro ben 100 avversari, preferibilmente uno diverso dall'altro per ciascun round.  

Il duello contro 100 uomini di Yamoaka Tesshu

Durante la metà del diciannovesimo secolo (Gregoriano), ha vissuto un grande Maestro di Spada dal nome di Yamoaka Tesshu, fondatore dell'Hokushin Itto-Ryo. Si narra che quest'uomo abbia combattuto e vinto contro 100 uomini con la Shinai (la spada di bamboo utilizzata dai praticanti di Kendo).  

Il 200 uomini proiettati da Masahiko Kimura

Masahiko Kimura è conosciuto come il più grande Judoka di tutti i tempi, ed è stato un amico intimo di Mas Oyama. Lo stesso Mas Oyama disse che l'unico ad allenarsi in maniera più dura di lui fosse proprio Masahiko Kimura. Il record di Kimura per la detenzione del titolo nell'All Japan Judo (12 anni inclusi quelli della Seconda Guerra Mondiale, quando ancora il campionato non esisteva) è stato battuto solo da Yasuhiro Yamashita che ha tenuto il titolo per 9 anni consecutivi. Nel mondo dello Judo Giapponese esiste un detto che dice "Prima di Kimura, nessun Kimura. Dopo Kimura, nessun Kimura". 

Si dice che Kimura abbia combattuto contro 200 Cinture Nere, per due giorni consecutivi, senza perdere nemmeno una volta. 

Il Kumite da 300 uomini di Mas Oyama

E' stato con questo esempio che Mas Oyama ha voluto provare a se stesso la propria abilità, ed un giorno avrebbe voluto dare di meglio. Mas Oyama scelse i studenti più forti del suo Dojo e decise di confrontarsi con loro uno per volta. Una volta terminato il giro i combattimenti riprendevano dal primo, finchè non venne raggiunto un totale di 300 combattimenti. Disputò tutti i combattimenti senza essere mai atterrato, nonostante i notevoli danni riportati durante questa "processione". Alcuni studenti hanno dovuto fronteggiare Mas Oyama per ben 4 volte nell'arco di 3 giorni, in quanto alcuni non hanno potuto continuare dopo il primo giorno a causa dei suoi colpi potenti. Si dice che Mas Oyama avrebbe voluto continuare anche il quarto giorno, ma nessuno dei "poveri" studenti abbia più avuto il coraggio di presentarsi. Questo fatto è avvenuto dopo il suo addestramento sulla montagna.  

Il Kumite da 100 uomini

Avendo dato l'esempio, Mas Oyama ha istituito il Kumite da 100 uomini come requisito fondamentale per il conseguimento del 4° o del 5° Dan. Presto si rende conto che non tutti hanno lo spirito per farlo, nonostante l'abilità fisica possa essere "facilmente" insegnata. La volontà indomabile, il coraggio e la determinazione - in poche parole Lo Spirito dell'Osu - non può essere presente in ognuno. Così è divenuto un esercizio volontario, non più obbligatorio, per quei pochi che avevano i giusti requisiti. All'inizio i combattimenti potevano essere disputati anche in due giorni, a seconda della volontà della persona che doveva farli. Successivamente, nel 1967, Mas Oyama decise che dovevano essere disputati tutti lo stesso giorno. In aggiunta ai 100 combattimenti, si decise che il candidato doveva vincere almeno il 50% dei combattimenti e, in caso di atterramento, non restare a terra per più di 5 secondi.

In alcuni paesi il numero di 100 avversari non può essere modificato, mentre in Inghilterra ed in altri paesi affiliati alla IFK dell'Hanshi Steve Arneil, chiunque può scegliere il numero dei combattimenti da disputare (ad esempio 10, 20, 30, ecc...), e otterrà un certificato per questo risultato. Questo in ricorrenza al fatto che non tutti riescono ad essere così in gamba da arrivare al combattimento numero 100 in una pratica come il Kyokushin. 

Queste prestazioni esistono solo come un importante riconoscimento personale. Dopo tutto, anche 10 combattimenti a KnockDown possono essere troppi in una mezz'ora di combattimento duro.  

 

 

 

 

CHI L'HA FATTO? 100 combattimenti

A parte Oyama e la straordinaria prova dei 3 giorni di fila, anche altre persone hanno completato il Kumite da 100 umini, ma non molti. Nella lista riportata più in basso, sono da notare i nomi di alcuni di questi che, oggi, hanno un posto di riguardo nel mondo del Karate. Alcuni hanno addirittura fondato un loro stile personale, ovviamente, derivato dal Kyokushin. Qualcuno ha disputato questa prova in 2 giorni, successivamente è diventato obbligatorio fare tutto in un solo giorno.  

- Steve Arneil (1965) 

E' stato il primo ed ha fatto tutto in un giorno. Nel 1991, ha fondato in Gran Bretagna la IFK (International Federation of Karate), tutt'oggi non affiliata con l'Hombu in Giappone. 

Tadashi Nakamura (1965) 

Ora noto come Kaicho Nakamura, è anche il fondatore del World Seido Karate, radicata a New York. 

 Shigeru Oyama (1966) 

Nessuna relazione con Sosai Mas Oyama, attualmente è a capo alla sua organizzazione, World Oyama Karate, radicata a New York. 

 Loek Hollander (1967) 

 John Jarvis (1967) 

Della Nuova Zelanda. 

 Howard Collins 

E' stato il primo farlo obbligatoriamente in uno giorno. 

 Miyuki Miura (Venerdì, 13 Aprile 1972) 

Il primo giapponese che lo ha fatto in un giorno, ora capeggia la Sede Generale per il Mezzo Ovest del ramo World Oyama Karate. 

 Akiyoshi Matsui (1986) 

Akiyoshi Matsui è il tanto disputato successore di Mas Oyama, Kancho o Capo dell'Organizzaione Internazionale Karate (IKO1 - International Karate Organization Kyokushinkaikan).  

E' stato il vincitore del Campionato Giapponese Open nel 1985 e 1986, e nel 1990 del 4° Torneo Mondiale di Karate Open arrivando in finale contro Andy Hug. 

Ademir de Costa (1987) 

Questo brasiliano è arrivato 4° nel Campionato Mondiale del 1983. 

Keiji Sanpei (Marzo 1990

 

Akira Masuda (Marzo 1991) 

Kenji Yamaki (Marzo 1995) 

E' stato il vincitore del Campionato Mondiale del 1995.

Quest'uomo ha disputato i 100 combattimenti continuati per ben 2 volte a distanza di un mese. La prima volta in Brasile, la seconda in Giappone insieme a Kenji Yamaki. Nello stesso anno, Novembre 1995, si è classificato 3° nel Campionato Mondiale. In Brasile i combattimenti hanno avuto la durata di 1 minuto e mezzo, per una durata complessiva di 2 ore e 45 minuti, mentre in Giappone la durata di ogni combattimento è stata di 2 minuti.

- Kazumi Hajime (13 Marzo 1999)

 

Il regolamento del Dojo

1.            Entrando nel dojo, gli studenti devono chinarsi e dire "OSU". Una volta entrati, gli studenti devono girarsi sul fronte della sala, o zona dello "Shinzen", chinare il capo e dire "Osu"; sarebbe appropriato salutare anche gli altri studenti già pronti.

2.            Gli studenti devono fare del loro meglio per essere puntuali per l'inizio della lezione. Comunque se arrivano in ritardo devono chinare il capo e dire "Osu", quindi inginocchiarsi in Seiza, con gli occhi chiusi e la testa chinata in basso in Mokuso, e attendere l'autorizzazione per aggiungersi alla lezione. Una volta ottenuto il permesso per raggiungere gli altri, lo studente deve chinare il capo e dire "Osu" o "Shitsurei Shimasu" (scusatemi per il disturbo) rimanendo in Seiza. Quindi unirsi alla lezione posizionandosi dietro a tutti gli altri, in particolar modo rispetto ai propri superiori.

3.            Gli studenti devono avere cura del proprio equipaggiamento, Do-Gi (uniforme), paratibia, guanti, ecc... in modo pulito e ordinato, incoraggiando gli altri affinché facciano lo stesso. Possono essere indossati solo dei Do-Gi puliti. Il logo ufficiale del Kyokushin deve essere riportato sul lato sinistro, all'altezza della tasca dell'uniforme. Strappi o lacerazioni al Do-Gi devono essere riparati prontamente. Un'uniforme arruffata e un equipaggiamento scompigliato riflettono l'atteggiamento svogliato e fiacco dell'individuo.

4.            Non toglietevi mai senza permesso alcuna parte del Do-Gi durante l'allenamento. Se qualche volta dovete aggiustarvi il Gi durante l'allenamento, fatelo alla svelta e in silenzio dopo esservi girati verso il retro della sala.

5.            Rispettate appropriatamente tutte le cinture superiori e i compagni più anziani. Tutti gli studenti devono alzarsi e dire "Osu" quando un loro superiore o una cintura nera entra nella sala.

6.            Prima di salutare o ringraziare uno studente anziano o istruttore, gli studenti devono chinarsi e dire "Osu" e fare lo stesso quando si allontanano. Questa consuetudine dovrebbe essere seguita anche al di fuori dal dojo, in quanto dobbiamo sempre apprezzare il nostro Senpai. Se la fila di un membro non è ben allineata, si deve prendere come riferimento il membro più anziano che si ha di fronte.

7.            Quando abbiamo l'occasione di stringere la mano a qualcuno, usiamo entrambe le mani in segno di umiltà e fiducia e diciamo "Osu". Sarebbe bene seguire questa regola anche fuori dal dojo in special modo con le cinture più anziane.

8.            Gli studenti devono rispondere ai loro anziani o istruttori con un "Osu" deciso e con una immediata reazione ai loro comandi. Rispondere in modo lento o indifferente è scortese.

9.            Durante la lezione, gli studenti devono prestare attenzione alle tecniche e non permettere alla mente o agli occhi di vagare. Il massimo rispetto deve essere dato all'istruttore che seguirà gli studenti in ogni momento. Non ci si può addentrare nell'allenamento del Kyokushin senza quella serietà che gli si deve.

10.          A volte durante l'allenamento, agli studenti è permesso di sedersi e rilassarsi; ciò significa relax come nella posizione di "Seiza" e sedersi in "Anza" (posizione indiana). In queste occasioni, astenetevi dall'agitarvi, chiacchierare o qualsiasi altra cosa possa disturbare la lezione o la lettura.

11.          Gli studenti non possono lasciare l'allenamento senza permesso. In caso d'emergenza, quando dovete uscire immediatamente, fatelo mantenendo il massimo rispetto e spiegandone il motivo all'istruttore al più presto possibile.

12.          Al fine di prevenire qualsiasi tipo di danno, gli studenti non devono indossare gioielli, orologi o qualsiasi altro tipo d'ornamento durante l'allenamento. Chi non ne può fare a meno, può indossare gli occhiali, in ogni caso durante il Kumite (combattimento libero), sarà necessario toglierseli. E' consigliabile quindi indossare lenti a contatto, come anche paratibia, guanti, corpetto e conchiglia per l'inguine.

13.          Tradizionalmente la sala dell'allenamento è un luogo venerato, quindi agli studenti non è permesso indossare berretti o cappellini o usare un linguaggio volgare e offensivo, proprio come in tutte le scuole. Inoltre, non è permesso camminare con le scarpe sull'area in cui ci si allena. Cibo, gomme da masticare o bevande simili non sono permesse. Non è permesso mangiare nel dojo. Non è permesso fumare come in qualsiasi altro luogo.

14.          Tutti gli studenti devono curarsi della propria pulizia dopo la lezione. In genere, dovrebbero occuparsi del loro luogo d'addestramento come se dovessero avere cura di un posto speciale.

15.          Gli studenti devono rispettare il cameratismo condiviso al dojo, e non minare le vere basi del Kyokushin disapprovandone i metodi, scoraggiando gli altri o comportandosi in modo malizioso. Né maturando pensieri negativi durante il combattimento libero, quando sarà inevitabile che si crei inavvertitamente un'atmosfera di offesa.

16.          Tutti i membri devono astenersi dai pettegolezzi indolenti e dallo spargere commenti sugli altri studenti, scuole o altre Arti Marziali.

17.          Gli studenti che desiderano partecipare ai tornei e agli eventi di Kyokushin devono consultarsi con il Sensei prima di farne richiesta.

18.          Gli studenti che desiderano visitare altre scuole di Kyokushin devono chiedere prima il permesso al proprio Sensei. Gli studenti che desiderano allenarsi presso una scuola di Kyokushin affiliata devono avere un tesserino valido quale membro della IKO ed allegare una lettera di raccomandazione del proprio Sensei. Una volta giunti presso la scuola affiliata, gli studenti dovranno dimostrare la massima cortesia e umiltà nei confronti dei membri e degli istruttori affiliati.

19.          Tutti gli studenti devono sforzarsi di condurre, dentro e fuori dal Dojo, uno stile di vita che non si rifletta negativamente sulla IKO KyokushinKaiKan. E' certo, che questi non useranno le tecniche studiate durante la lezione per offendere altre persone, eccetto nei casi in cui la loro stessa vita, o la vita dei loro cari, non sia in pericolo imminente.

20.          Gli studenti devono sforzarsi di essere gentili ed equilibrati nella vita quotidiana, essere riservati, giudiziosi ed seguire un'etica comportamentale in tutte le cose che perseguiranno. Non devono mai dimenticare lo spirito del Kyokushin "Tieni la testa bassa (modesto), gli occhi in alto (ambizioso), riservato nel parlare (bada a quello che dici), generoso nel cuore (tratta gli altri con rispetto e cortesia). Tratta gi altri con gentilezza; la pietà filiale è il punto d'inizio, (presta servizio ai tuoi genitori)".

 

KyokushinKai

Il Cuore Guerriero

L'importanza d'avere organizzato questa competizione

Qualche tempo fa, esattamente Sabato 18 Aprile 1998, nell’impianto sportivo di Parigi Bercy, si è tenuto un importante evento per i francesi: la competizione tra i karateka di Kyokushinkai. Era un evento molto importante per diversi motivi, tra gli altri perche questo scontro, che ha radunato 26 Paesi, é stato sul punto di non celebrarsi in Francia...Perché? Perché il Kyokushinkai non gode di una buona fama, ha la reputazione di essere una disciplina dura e violenta, un Karate scandaloso in cui i combattimenti di solito finiscono con il K.O. E' una competizione dove i colpi vengo sferrati sul serio e questo non rientra nella logica della legislazione francese che sostiene che un combattimento che prevede il K.O. dave utilizzare i guanti...una legislazione che accetta la Boxe inglese, ma che rifiuta il Kyokushinkai...

Questa Coppa del Mondo ci ha dato l’occasione per riflettere. Com’è possibile che una disciplina qualificata come estrema (e addirittura inammissibile) dalle istituzioni francesi, possa essere considerata in Asia, come l’erede di una filosofia dello sviluppo personale ispirata nel Budo giapponese o nel Buddismo? Siamo sicuri di aver compreso bane le Arti Marziali giapponesi?

Un Budo poco gentile

Tanti sono andati a vedere questa Coppa del Mondo, come se si trattasse di un moderno campionato per professionisti con tutti gli ingredienti necessari: pugni, calci, sponsor, luci, grandi nomi, tecnica e, possibilmente, sangue e K.O.. Dopo tutto, i migliori in questa disciplina, come il brasiliano Filho o lo svizzero Andy Hug, sono passati dal rigoroso spirito del Kyokushin allo spettacolo parossistico del K-1 giapponese. Quelli che si sono recati a Bercy di certo sono andati a vedere questa competizione sicuri di trovare un Budo un pò meno gentile di quello che si è soliti immaginare in Europa, ma nonostante tutto una manifestazione di Budo.

Sappiamo già che il messaggio della Arti Marziali giapponesi ha riscosso un notevole successo in Occidente. Questo messaggio, forse vago, evidentemente complesso e tante volte male inteso, è l’essenza delle Arti Marziali, quello che le rende uniche al mondo. Di che cosa si tratta? Ce lo rivela Jigoro Kano, colui che ha introdotto il concetto del Do nelle Arti Marziali: "Ho studiato il Ju-Jitsu non solo perché lo trovavo interessante, ma anche per ché mi sono reso conto che era il modo migliore per sviluppare sia il corpo che lo spirito". Quest’idea non era nuova. Jigoro Kano traduceva in questo modo l’antico legame tra il mondo dei guerrieri giapponesi e l’ideale di perfezionamento personale delle filosofie orientali, tra le altre il Buddismo. Nel Budo, ovvero la "via marziale", sono contenute l’originalità e la forza delle pratiche marziali giapponesi. Il Budo si può definire come un mezzo di educazione e di sviluppo individuale attraverso la continua pratica di un arte di combattimento. Quest’idea è molto antica. Per i Maestri del Buddismo Zen dell’Ottocento, nell’incessante ricerca dell’efficacia e del movimento corretto dei Samurai dell’epoca si trovava la vera chiave della conquista di se stessi. Perché? Perché le esigenze di questa ricerca provocavano una violenta scossa interna. Perchè la ricerca dell’efficacia portava immancabilmente a quelle esperienze (duello alla morte, allenamento intensivo, bisogno di perfezione del movimento...), per terminare in un vero processo di maturazione dell’essere. Nell’ultimo grado di questa ricerca vincere era in realtà "vincere se stesso".

Per noi, l’esigenza di quest’efficacia diminuisce progressivamente via via che il nostro mondo si organizza, quando troviamo altre soluzioni al di là del combattimento o della guerra per risolvere i conflitti umani, quando le guerre diventano virtuali, atomiche, complesse. . . Ma la complessità di questo mondo non diminuisce il bisogno di trovare soluzioni per lo sviluppo personale, per crescere, per maturare interiormente. Viviamo male. Per questo, non sono mai stati tanto vicini quanto lo sono adesso l’idealismo del Buddismo e quello di altre filosofie orientali che ci aiutano nell’interpretazione psicologica del mondo e che ci offrono le opportunità per uno sviluppo personale e per superare i nostri limiti, grazie alle soluzioni che ci propongono.

Abbiamo bisogno di svilupparci, di maturare psicologicamente e le Arti Marziali sono un mezzo per riuscirci. Il problema è che delle volte abbiamo dimenticato la logica di questa vecchia ricetta

e pensiamo che le Arti Marziali orientali erano sublimi, dolci ed eteree, rispettose del corpo e della salute dei suoi praticanti, senza rischi nè ferite.

Quest’immagine ingenua ci mostra una realtà sia concettuale che storica su quello che era il Budo ai suoi inizi. All’epoca del "dolce e gentile" Jigoro Kano, del "dolce e gentile" Gichin Funakoshi, gli allenamenti di Judo e di Karate "costringevano" i loro praticanti ad un vero inferno, sia per la loro intensità che per la loro violenza. I primi combattimenti vinti dal Judo Kodokan finivano delle volte con la morte senza che nessuno si stupisse, mentre i primi esperti in Karate allenavano intensamente i giovani dell’Impero del Sol Levante per comportarsi come uomini sul campo di battaglia (cioè, come "futuri morti" nella migliore tradizione giapponese). Per quanto riguarda la vita del "dolce e gentile" Monhei Ueshiba, fu, fino ad un’età avanzata, una continua serie di duelli alla mode. Questi tre uomini erano coscienti del valore educativo delle loro pratiche e su questo hanno basato le loro discipline marziali. In questo modo aprirono il cammino a tutti coloro che avessero deciso di condividerlo, ma non fecero mai nulla per togliere il rigore o la durezza delle pratiche. Al contrario, la scomparsa dell’imperativo guerriero aumentò le possibilità di allenamento e anche le esigenze fisiche a mentali. La morte o la ferita grave sono sempre meno presenti, ma il dolore e il confronto con se stessi e quindi quello con gli altri, sono sempre presenti.

No pain, no gain

In questo mondo consumistico, l’idea di pagare il nostro progresso con qualcosa di più di una quota d’iscrizione e con una relativa assiduità ad allenamenti intensi, sembra sempre più strana. Tuttavia è quello che vengono a farci ricordare quelli "abominevoli soggetti" del Kyokushin. "No pain, no gain" dicono i culturisti americani. Seguendo questo principio non risparmiano i loro sforzi e neanche la loro salute per avere quello che vogliono, ovvero muscoli. Sanno di che cosa si tratta... un muscolo si misura e, fino ad oggi, l’unico modo di farlo diventare più grande è attraverso un duro allenamento. "No pain, no gain" dicono i praticanti di Karate Kyokushin. Secondo questo principio si adattano alla logica originale del Budo che includeva nella sua pratica una bella dose di combattimenti e sofferenze. Sanno quello che vogliono: "trovare la forza a la sapienza", come dice uno dei giuramenti che deve fare il praticante. Ma cercano anche lo sviluppo della fiducia in se stessi, la calma di fronte alle difficoltà e altre qualità che si acquistano con la pratica reale di un’arte di lotta violenta. Per questo motivo seguono la via del combattimento tale come la definì Masutatsu Oyama, il creatore dello stile, in un rigoroso rispetto delle regole tradizionali del Budo. Se il Budo è la via del combattimento, diceva il mio Maestro, come possiamo aspettare di trarre vantaggio da tale via soltanto con un combattimento simulato, senza confronto reale, senza essere neanche per un secondo in pericolo? Forse si può discutere il modo in cui aderiscono a questa logica, ma almeno hanno il merito di ricordarci il principio fondamentale della nostra pratica. I Samurai cercano sempre il movimento preciso, la massima efficacia attraverso un allenamento in cui non erano ammesse concessioni. In quel cammino trovarono un’etica a delle prospettive di sviluppo personale. Se noi stessi siamo interessati a questo processo di sviluppo interno che può nascere da una pratica intensa di combattimento, dobbiamo almeno cercare anche il movimento preciso da una prospettiva di combattimento (anche se si tratta di un confronto sportivo). Diamo al nostro allenamento la possibilità di offrire quel piccolo impatto di realtà alle nostre vite. Pretendiamo di praticare un’Arte Marziale e ci fa paura il Kyokushinkai? "Chi ha detto che fosse facile, che non facesse paura?" sembra chiederci iI vecchio Oyama sorridendo, con le braccia incrociate a con i suoi pugni da macellaio. Nessuno. Tuttavia, quando sogniamo di migliorare le nostre vite, cambiando il nostro spirito, poche volte realizziamo che questo costa. Cambiare se stessi, fisicamente e mentalmente, con la pratica dei movimenti di combattimento, non è per niente una meta semplice. Anche se ci piacerebbe pensare che si può seguire quella via senza prendere nessun rischio, senza dover dimostrare valore, spirito deciso a pazienza.

Lo stile specifico di Karate-Contact che alcuni hanno avuto l’occasione di contemplare il 18 Aprile 1998 a Parigi Bercy non é evidentemente l’unica scuola che segue il cammino tradizionale delle Arti Marziali. Però a suo modo ha il merito di ricordarci che lo scopo del Budo è diverso da quello della ginnastica (include in qualche modo un principio di scontro e di morte) a non si riesce senza un impegno totale ed un allenamento continuo e sincero... qualcosa che non si può ottenere senza assumere rischi, accettare dolori a superare paure.

La forza, coma la calma, la dolcezza l’atarassia del guerriero pacifico si trovano forse alla fine di un allenamento rigoroso. E' un progetto bellissimo, ma ci vuole coraggio...

"Senza altro desiderlo che quello della forza a della sapienza" 6° giuramento del Kyokushin.

I Segreti delle Arti Marziali

di Stefano di Marino - De Vecchi Editore

Il karate moderno del maestro Oyama

...fino a questo momento ci siamo occupati del karate nella sua accezione più classica. Una disciplina codificata dalle antiche tecniche di combattimento praticate nell'isola di Okinawa e ispirate in varia misura al kempo cinese. Il karate tradizionale pur nelle sue varie interpretazioni ha conservato sino ad oggi alcune caratteristiche principali, il controllo dei colpi, lo studio dei kata e una certa uniformità tecnica anche nelle differenze di ciascuno stile. Ma esiste un'altra forma di karate oggi molto più diffusa soprattutto in Giappone che, pur partendo da identici presupposti tecnici, si è evoluta alla ricerca di un maggiore realismo e, su questa strada, ha modificato parzialmente la sua forma.

Stiamo parlando di quello che viene definito fighting karate o kenka karate, un'evoluzione che il purista può trovare sgradevole, a volte quasi antitetica alla geometrica precisione degli stili classici, ma che ha saputo guadagnarsi un sempre maggiore favore tra il pubblico.

 

Oggi gli stili di fighting karate sono molti ma le varie scuole presenti in Giappone e nel mondo si possono tutte ricondurre all'elaborazione del maestro Masutatsu Oyama, la "Salita della Grande Montagna".

Nato in Corea nel 1923 Oyama si chiamava in realtà Hyung Yee e possedeva, sin da ragazzo, tutte le caratteristiche del popolo guerriero del suo paese. Dopo aver studiato sin da giova nissimo gli stili tradizionali coreani di combattimento (il taekyon e il taekwonpup dai quali deriva ii moderno taekwondo), Hyung Yee si trasferì in Giappone adottando un nuovo nome in omaggio al paese dove risiedevano i suoi interessi culturali. Che il giovane Oyama non fosse portato per uno studio accademico delle anti marziali lo si può riscontrare sin dagli esordi della sua carriera di karateka. Dopo aver studiato per un poco il judo kodokan Oyama approdò al dojo di Funakoshi calcando per qualche tempo le sale di allenamento dello Shotokan. Come racconta nelle sue stesse memone Oyama trovava poco efficace e rigido lo stile tradizionale di Funakoshi che giudicava poco adatto a un confronto reale. Questa convinzione ebbe conferma quando Yoshitaka, il figlio del maestro, fu sconfitto in un confronto con un esperto di Goju ryu. Deciso a trovare la via migliore per il combattimento Oyama si avvicinò quindi a questo stile rimanendo però nuovamente deluso. Le scuole tradizionali di karate dell'isola di Okinawa gli parevano delle astrazioni lontane dalla realtà del combattimento da strada che, per sua stessa ammissione, era per lui un'esperienza tutt'altro che infrequente. Non ci si deve fare comunque un'idea sbagliata sul maestro Oyama. E' proprio intorno agli anni Quaranta che infatti viene a con tatto con il maestro So Nehishu (anch'egli di origine coreana) che oltre che al Goju gli insegnò i principi dello zen secondo l'interpretazione della setta Nichiren. In seguito tutta l'evoluzione del karate di Oyama sarà profondamente ispirata allo zen, tanto che in una frase più volte citata il maestro dichiarerà che "il karate è zen". Da un punto di vista tecnico però le sue aspirazioni necessitavano di una ulteriore maturazione. Erano gli anni della guerra e con il termine del conflitto mondiale il giovane Oyama si ritrovò con qualche mese di prigione sulle spalle e la consapevolezza di non possedere un livello tecnico tale da consentirgli di intraprendere con successo la professione di istruttore di arti marziali.

Fu quindi nel 1948 che per purificarsi (sia fisicamente che spiritualmente) Oyama si ritirò in isolamento sulle montagne di Kiyoshimi, affrontando un periodo di meditazione e durissimi allenamenti.

Da questa esperienza Oyama uscì trasformato e ormai certo che il suo karate sarebbe stato qualcosa di differente dalla disciplina rigida e lontana dalla realtà che aveva imparato a detestare.

Personaggio non facile ma sicuramente affascinante Oyama si preparava a infrangere ogni regola del mondo del karate, provando a testare la sua abilità negli ambiti piü disparati. Fu in questo periodo, all'inizio degli anni Cinquanta, che si sottopose alla prova dei combattimenti coi tori. Dalle foto d'epoca si intuisce che non si tratta va certo dei grossi tori da combattimento che siamo abituati a vedere alle corride ma erano pur sempre esemplari di piü di un quintale (ndr: 500 Kg.) con corna affilate e tutta l'aggressività degli animali selvaggi. Durante il primo confronto Oyama cercò di rompere il cranio del toro ma, fallendo, riuscì comunque a spezzarne le corna con un colpo di taglio della mano. A questa prova ne fecero seguito altre cinquantuno (concluse tutte felicemente) che lo portarono sin negli Stati Uniti dove affrontò un lungo tour durante il quale oltre ai tori sfidò lottatori, pugili e altri artisti marziali riuscendo sempre a prevalere. Di ritorno in Giappone nel 1954 Oyama fondò il suo primo dojo e, tre anni dopo, diede vita alla sua associazione il Kyokushinkai karate (il karate della suprema vera), una scuola dura che si è conquistata una fama di rilievo presso tutti i praticanti di arti marziali.

Tecnicamente il karate di Oyama si propone molto diversamente dagli altri stili. Per quanto alcune delle posizioni di base siano derivate dalle scuole tradizionali e non si disdegni la pratica del kata, il Kyokushinkai è un metodo di combattimento. Le posizioni sono piü alte. gli spostamenti piü dinamici e le guardie ricordano molto quelle della kickboxing. Persino il modo di portare i colpi è differente. Nel Kyokushinkai le combinazioni fluiscono senza apparente contrazione. come quelle del pugilato inglese. I calci prevedono anche i colpi alle gambe sferrati con la tibia in completa rotazione del corpo secondo una dinamica che appare molto simile a quella adottata dai pugili tailandesi. Il regolamento stesso del kumite, il combattimento, è assolutamente differente da quello adottato nelle competizioni degli altri stili. Il Kyokushinkai è un karate a contatto, senza protezioni. dove i combattenti hanno la possibilità di colpire tutto il corpo, fatta eccezione del viso (coi pugni), che può comunque essere raggiunto dai calci. Si tratta di una formula dirissima molto realistica nonostante ii divieto di colpire al viso con il pugno. A metà degli anni Settanta la scuola del maestro Oyama bandì un primo campionato del mondo aperto a tutti gli atleti che ne accettassero le regole. Esponenti del kung fu, della boxe tailandese e della kick-boxing aderirono in massa soccombendo tuttavia di fronte alla preparazione degli allievi di Oyama. Da quel giorno il Kyokushinkai ha compiuto molta strada rivelandosi uno degli stili più duri e popolari del mondo.

Come spesso accade, una volta stabilita la strada la grande famiglia di uno stile è destinata a dividersi. Dal Kyokushinkai originale hanno avuto origine numerosi altri ryu che, pur mantenendone le caratteristiche generali, hanno approfondito questo o quell'aspetto a seconda delle prerogative dei vari maestri.

Oyama è morto nel 1994 lasciando un'organizzazione potente e ramificata, presente soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti ma con branche e affiliazioni in tutto il mondo. Oggigiorno il caposcuola del Kyokushinkai è il maestro Matsui, uno dei pochi ad aver superato la prova dei cento combattimenti. Si tratta di un test che affonda le sue radici nella tradizione medioevale del guerriero nipponico, dove l'esaminando deve affrontare cento cinture nere secondo le regole prestabilite. Si tratta di una delle prove più difficili, fisicamente e psicologicamente, che si possano immaginare nel mondo marziale. Il maestro Matsui l'ha brillantemente superata approdando alla guida del suo stile con un carisma degno di quello del suo predecessore.

Gli stili moderni di karate: Ashiara e Seido

Tra le scuole nate dal Kyokushinkai, l'Ashiara ryu è senza dubbio una delle più interessanti. Nata nel 1980 dall'elaborazione del maestro Ashira Hideyuki, già allievo di Oyama, studia un metodo orientato soprattutto verso il combattimento sportivo e la difesa personale. La scuola Ashiara è, se la osserviamo sotto un profilo tecnico, più ricca e sofisticata del Kyokushinkai e si basa essenzialmente sugli spostamenti circolari abbinati a combinazioni di colpi studiate nei kata che, in questa scuola, assumono un aspetto differente rispetto a tutte le altre. Nell'Ashiara infatti il kata è sempre una sequenza di colpi ma anziché di seguire uno schema geometrico e coreografico come avviene in tutte le altre scuole, propone una serie di combinazioni di differente livello che l'allievo è poi chiamato ad applicare in un combattimento prestabilito. Attualmente l'Ashiara è uno degli stili più interessanti di fighting karate, forse meno violento ma sicuramente più sofisticato di quello di Oyama.

Da una fusione tra il Goju ryu e il Kyokushinkai nasce, nel 1976, il Seido karate elaborato la maestro Nakamura Tadashi. Si tratta di uno stile di karate molto 'americano', in quanto il suo fondatore, capo istruttore della scuola di Oyama negli Stati Uniti, ebbe modo di studiare e comprendere la mentalità occidentale adattando a essa i principi della sua disciplina. Questa comprende anche numerose tecniche derivate dalla kickboxing, dalla boxe inglese e dalla muay thai. Nakamura, che prima di fondare il suo stile affrontè vittoriosamente la prova dei cento combattimenti, oltre ad aver trionfato sui ring di Bangkok in una serie di sfide coi pugili siamesi, lasciò a metà degli anni Settanta la scuola di Oyama codificando il suo stile e la sua organizzazione. Per quanto il Seido karate sia molto simile al Kyokushinkai, Nakamura ha apportato delle novità tecniche che lo avvicinano ancor di più alla kickboxing americana. In alcune competizioni la somiglianza è tale da raggiungere l'identità. Una delle forme di confronto in fatti prevede un match diviso in più round, il primo dei quali deve essere disputato sul ring da pugilato con i guanti imbottiti e la conseguente possibilità di colpire al viso. Il Seido karate, diffuso soprattutto negli Stati Uniti, ha trovato anche in Giappone una recente affermazione proprio grazie a questi mutamenti tecnici che ne hanno enfatizzato l'aspetto sportivo. Al giorno d'oggi il Giappone sta vivendo un momento di grande entusiasmo per gli sport da combattimento, in particolare la kick-boxing nella quale si misurano atleti occidentali del calibro di Rob Kaman ed Ernesto Hoost. Una formula tipicamente giapponese di confronto, il torneo nel quale nel corso di una stessa serata otto campioni si affrontano per vincere il titolo, vede spesso atleti giapponesi opposti ai forti occidentali. Satake, più volte campione del mondo di Seido karate, non ha esitato a indossare i pantaloncini tipici della kickboxing e i guanti per difendere (molte volte con successo) i colori del suo stile adattandosi a questa forma di combattimento.

La kickboxing giapponese

La passione dei giapponesi per il combattimento non si poteva fermare alla finzione del wrestling. Se è vero che ii grande pubblico voleva vedere combattimenti spettacolari dove, alla fine, nessuno si faceva realmente male c'era una fetta di spettatori alla ricerca di emozioni 'reali'.

Per soddisfare questi appassionati, negli anni Settanta un giapponese di nome Noguchi si recò in viaggio di studio nei paesi del Sud est asiatico alla ricerca di forme di competizione che permettessero di ricreare nello sport l'autentica eccitazione del combattimento reale. Trovò materia di ispirazione sui ring della Tailandia dove si praticava una forma modema di muay thai, la tecnica di combattimento del Siam classico.

La thai boxing si disputava su un ring, con il contatto pieno, i guanti da pugilato e un regolamento che permetteva di colpire coi pugni, calci, ginocchia e gomiti. Era uno sport duro, violento e attirava a ogni riunione migliaia di spettatori. Noguchi ne fu così entusiasta da aprire un suo dojo a Bangkok, cosa che non piacque alle suaa', le tigri, i capi della malavita tailandese che controllavano il racket delle scommesse clandestine. Il dojo di Noguchi fu bruciato e il giapponese costretto a ritornane in patria. L'esperienza lo aveva però talmente colpito che, complice l'entusiasmo di Kenji Kurosaki, una cintura nera del Kyokushinkai, di lì a poco nacque la kick boxing giapponese. Questo sport ha molti punti di contatto con la thai boxing, tanto da poter essere scambiata per la disciplina tailandese da un occhio inesperto. Nella kickboxing giapponese valgono tutte le tecniche della thai alle quali vengono aggiunte alcune proiezioni del judo.

Il successo di pubblico fu immediato. Non si trattava di combattimenti finti, ma di un confronto reale, violento, tra atleti preparati che nulla avevano da invidiare ai samurai rimasti così vividamente nella memona mitica del giapponese medio. Soprattutto nei primi anni i kickboxer nipponici vennero direttamente dal Kyokushinkai. Fujiwara, mitico campione degli anni Ottanta, fu allievo diretto del maestro Kurosaki e atleta di punta della Mejiro Gym di Tokyo che diventò un punto di riferimento internazionale nel giro di pochi anni. La kickboxing era destinata infatti ad avere fortuna nel mondo e diffondersi come una delle forme più praticate di sport da combattimento ispirate alle arti marziali. Ciò avvenne soprattutto grazie a un'atleta messicano, Benny Urquidez, che già aveva praticato karate negli Stati Uniti e che da poco si era lanciato nell'avventura del full contact karate, la versione a pieno contatto del karate, nata in America per soddisfare le esigenze del pubblico. Urquidez affrontò e vinse alcuni dei più grandi campioni di kickboxing giapponese suscitando grande scalpore. Un occidentale osava competere e vincere contro un atleta nipponico! Uno dei suoi sfortunati avversari, Sato, arrivò perfino a suicidarsi per la vergogna... Evidenternente lo spirito distorto del bushido era ancora in grado di mietere vittime. Al contrario di quanto si potrebbe credere, tuttavia, il pubblico nipponico non rifiutò questa figura di campione gaijin, anzi lo elevò a suo beniamino. Urquidez disputò un gran numero di incontri in Giappone di ventando così famoso da meritare anche una serie a fumetti ispirata alle sue avventure. Nel frattempo la kickboxing attecchiva in altri paesi del mondo, primo tra tutti l'Olanda, dove Jan Plas aprì una filiale della Mejiro Gym che avrebbe tenuto a battesimo campioni come Rob Kaman e Ramon Dekker oggi famosi in tutto il mondo.

La passione dei giapponesi per la kick-boxing interpretata da atleti stranieri si è sempre più sviluppata in questi anni tanto che campioni europei e americani sono di ventati delle vere star net circuito nipponico, come Jerome Lebanner, atleta francese, vincitore del prestigioso K-i, una competizione che mette in palio 100.000 dollari. La fusione, se vogliamo l'incontro, tra cultura tradizionale giapponese e Occidente si può dire completato con il 'mercato' che accompagna queste manifestazioni. Magliette, guanti, pantaloncini da combattimento e videocassette contribuiscono agli incassi degli organizzatoni mettendoli in grado di combinare incontri sempre più ricchi e appassionanti... e vendibili in televisione.

La shoot wrestling e i suoi derivati

Il successo dei combattimenti veri della kickboxing giapponese ha in qualche modo offuscato la fortuna del wrestling "combinato".

Questo non ha significato tuttavia il tramonto per le discipline che propongono un confronto totale, dove ci si affronta usando ogni genere di tecnica dalle proiezioni ai colpi. La moda del combattimento totale ha generato una nuova disciplina, nata nel 1983, dall'elaborazione di un famoso wrestler, Satoru Sayama, conosciuto come Super Tiger. Sayama che aveva studiato seriamente le arti marziali aveva espenenza di Kyokushinkai, di judo e soprattutto di sambo russo. Creò così una nuova disciplina chiamata shoot wrestling o show, dal verbo inglese 'to shoot' che significa 'sparare' ma che può essere inteso anche come 'tirare, eseguire le tecniche' di lotta. La shoot wrestling si disputa su un ring ottagonale chiuso da corde e fornito di una materassina che permette le proiezioni. I combattenti si affrontano a mani nude con il divieto di colpire di pugno al viso. Al contrario del Kyokushinkai tuttavia è possibile colpire il volto con la mano aperta utilizzando la più classica delle tecniche di percussione del sumo, la 'tsuppari', una sorta di schiaffone capace di stordire l'avversario che così viene messo in posizione di svantaggio e quindi facilmente proiettabile a terra.

La fortuna di questo genere di confronti a metà tra la kickboxing e il wrestling è stata immediata e ha attirato sempre più pubblico. Naturalmente presto la moda si è diffusa in tutto il mondo sebbene, a causa della violenza della disciplina, molti paesi vietino questo genere di confronti e i campioni europei e americani siano costretti a combattere solo in Giappone. Colossi come De Vrj, l'olandese biondo dal fisico erculeo e la tecnica devastante, sono diventati presto gli idoli delle ragazzine giapponesi che accorrono a frotte a vedere questi violenti ed emozionanti confronti come fossero concerti rock.

Oltre alla shoot wrestling sono nate una manciata di altre discipline similari, tutte più o meno ispirate a questo genere di regolamento. Una di esse, curiosamente e ironicamente, viene chiamata bushido e propone confronti di lotta che forse nulla hanno a che fare con lo spirito dei samurai ma certamente ripropongono la durezza dei duelli dell'epoca classica.

La riscoperta del Ju-Jitsu

La fortuna di questi tornei di combattimento totale è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni generando veri e propri miti conosciuti anche dal grande pubblico e supportati da riviste che arrivano a diffondere un milione di copie. Sono nati così tornei dove lottatori affrontano karateka e kickboxer salgono sul ring contro pugili professionisti.

La divisione tra stili e scuole, cosi rigida soprattutto in Occidente, viene a cadere di fronte alle leggi dello spettacolo. In questa prospettiva anche l'incontro tra Mohammed Alì e Antonio Inoki risulta molto meno dissacrante di quanto fosse parso all'epoca al pubblico occidentale. Per la cronaca il match finì pari (con buona pace dei sostenitori di ciascuno dei due campioni) ma il pugile americano passò qualche brutto momento, soprattutto dopo l'incontro durante il quale Inoki gli aveva assestato decine di calci alle gambe in puro stile Kyokushinkai causandogli serie difficoltà a camminare per diversi giorni.

Ormai viene accettata comunemente l'idea di organizzare un torneo in cui si confrontano atleti provenienti da stili differenti, poiché il pubblico è sempre stato attratto dall'idea di vedere quale sia l'arte marziale più efficace. In questo genere di tornei hanno acquistato sempre più rilievo le tecniche di combattimento a terra (immobilizzazioni, leve e strangolamenti). Ciò ha scatenato un autentico ritorno di fiamma del jujitsu inteso come stile di lotta classico giapponese.

Il patrimonio della lotta tradizionale giapponese ha cominciato così a interessare anche i giovani e tutti quegli atleti che per anni hanno preferito le discipline di combattimento basate sui calci e pugni.

Francisco Filho

Brasiliano, 27 anni, Campione del mondo di Kyokushinkai e lottatore del celebre K-1 giapponese, il torneo dl Kickboxing interstile più famoso al mondo

Ho cominciato con totale naturalezza il Kyokushinkai quando era una novità in Brasile. Nel mio Paese ci piace quello che risulta efficace. Mio fratello mi portò al dojo quando avevo undici anni. Lì passai tutta la mia gioventù. Quando finiva la scuola, intorno all’una del pomeriggio, andavo direttamente lì e ci rimanevo fino alle dieci di sera. Ci andavano anche tanti amici che praticavano diverse discipline: Judo, Capoeira...in questo modo ho potuto apprendere qualcosa anche da esse, anche perché all’uscita ne discutevamo e ci scambiavamo le nostre esperienze.

Un episodio importante per la mia vita fu quando fui sconfitto durante il primo combattimento nel mio primo torneo. Avevo 12 anni e non volli mai più vivere la mia esperienza marziale in quel modo. Cominciai ad essere più esigente con me stesso, fino ad arrivare ad essere uchi-deshi di Nobuyuki Imori Sensei. Ero fiero di poterlo aiutare al Dojo e credo che ciò mi responsabilizzò ulteriormente. A 16 anni partecipai al campionato nazionale brasiliano concludendolo con un sesto posto. Se io avessi vinto sarei andato in Giappone, ma la cosa in quel momento non mi preoccupò e accettai di buon grado la sconfitta. Adesso vedo che molti episodi della mia vita ruotarono intorno a quella sconfitta e a quella straordinaria occasione mancata. Viaggiai in Giappone per la prima volta a 19 anni. Mi sono soltanto incrociato con ii M° Omaya che morì tre anni più tardi.

Oggi mi dedico esclusivamente al Kyokushin sul tatami o sul ring. Mi piace lo spirito del combattimento. Soltanto combattendo si capisce il nostro reale valore. Un vero lottare si adatta molto facilmente agli incontri tra stili differenti perchè l’importante è essere deciso a vincere. Ma i diversi regolamenti e le tecniche usate esigono sempre un lavoro specifico. In Kickboxing, non ci sono ancora riuscito per questi motivi. Il mio corpo non ha ancora assimilato le altre regole, il ritmo non è ancora perfetto. Il timing non é preciso, serve tempo per pensare ed é già troppo tardi...il pugno è ormai arrivato. Il Karate Kyokushin e molto più naturale per me. Ma voglio fare un pò più di Kickboxing per acquistare una maggiore padronanza tecnica.

Se dovessi dare un consiglio direi di tornare sempre a ripassare le tecniche base. Sono quelle che donna la forza, ed è ciò che abbiamo veramente assimilato. Direi anche che bisogna sviluppare la fiducia in se stessi. Avere il coraggio d’imparare e non lasciarsi trascinare dalla debolezza o dai dubbi. Bisogna saper accettare che qualcosa non va, essere sereno di fronte alle sconfitte e non mentire mai.

Mas Oyama

La sua Leggenda, la sua Eredità

"I preparativi erano ultimati e tutto era pronto per filmare. Il luogo prescelto era la costa Yawata di Tateyama, nella prefettura di Chiba. Il giorno delle riprese, quando vidi il toro che la compagnia cinematografica aveva portato, rimasi intimorito. Era un grande toro, del peso di circa 567 Kg, con corna lunghe 25 cm e dello spessore alla base di quasi 8 cm. A dire la verità era piuttosto fuori della norma, ma poiché sarebbe stato disonorevole ritirarmi, decisi di andare avanti. I giornalisti ed i reporters, insieme agli operatori provocavano una grande agitazione nel quieto villaggio di pescatori. Gli argomenti tra gli spettatori erano, "Può davvero rompere quelle corna con le mani nude? E' incredibile! Non è pazzo?" Dubitavano della riuscita dell'impresa. Sfortunatamente il duello venne posticipato per via della pioggia. "Siete fortunato, signore la vostra vita è stata prolungata di un giorno" - disse un giornalista. Ma io non ero in vena di scherzare e stringevo un telegramma di mia figlia con scritto "Buona fortuna babbo!"

II giorno successivo era bel tempo e c'erano migliaia di spettatori. Indossavo un paio di calzoncini corti, legati con una cintura di pelle, e naturalmente nessuna protezione per le mani. Gli spettatori alzarono un forte grido d'incitamento. "Non perdere" - Urlarono! Nell'attesa alzai in alto le braccia e chiusi gli occhi per liberarmi da ogni pensiero. Quando aprii gli occhi le migliaia di persone, le cineprese, il timore del toro, tutto era svanito dalla mia consapevolezza. Ora il terribile toro era stato liberato dalla fune. Agilmente scansai il suo attacco a destra ed a sinistra ed alla fine lo afferrai per le corna.

Cercai di abbatterlo al suolo, ma il pesante toro spingendo con le gambe non cedeva. Invece la sua spinta mi costringeva ad affondare i piedi nella sabbia. Alla fine le mie mani scivolarono sulle corna a causa del sudore ed il toro infuriato mi caricò con forza tremenda.

Prima di filmare l'evento il regista mi aveva chiesto di far durare lo scontro per circa 10 minuti, ma non avevo avanzato riserve a proposito, al peggio sarei stato ferito a morte. Continuammo la sanguinosa battaglia. Improvvisamente persi l'equilibrio e caddi di schiena. Avvertivo la precarietà della mia posizione, ma era troppo tardi per rialzarsi, ed il toro con uno sbuffo lanciò un affondo. Sebbene mi scansai in fretta la mia pelle fu lacerata dall'addome al petto. Il sangue scorreva, ma non sentivo dolore. Istantaneamente riafferrai le corna con le mani e torsi il collo dell'animale a destra ed a sinistra con tutte le mie forze. Il toro scuotendo le corna a destra ed a sinistra cercava di sfuggire alla mia presa. Gradualmente avvertii che si stava stancando. Nel momento che me ne resi conto girai con tutta la forza che avevo. Quando lo abbattei sulla sabbia, con un rumore sordo, saltai verso le corna e le afferrai saldamente con le mani. Il suo largo addome batteva come un tuono, e sia io, sia il toro, eravamo coperti di sudore e sabbia. Mentre il toro cercava di risollevarsi, lo spingevo verso il basso per tenerlo giù. Mi concentrai sul mio shuto (taglio delta mano) destro. Con un grido colpii la base del corno. Il toro si lamentò. Il corno rotto alla base penzolava dalla sua fronte. Lo tirai via e inconsapevolmente lo alzai sopra la testa. Improvvisamente l'acclamazione degli spettatori giunse alle mie orecchie come un tuono in lontananza. Avevo conquistato il toro. Alla fine avevo realizzato il desiderio tanto vagheggiato. Caddi in lacrime. La lotta mortale con il toro era durata 35 minuti. Non mi sembrò nè lunga, nè breve, avevo semplicemente combattuto con tutto ciò che avevo...."

Questo è il resoconto dello stesso Oyama riguardo i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue paure ed il suo trionfo, durante il suo primo scontro mortale con un toro. Si potrebbe pensare che aver misurato la propria forza con un toro ed essersi cimentati al limite della propria resistenza in isolamento sulle montagne, potrebbe essere sufficiente per mettere sè stessi alla prova. Non per Oyama. Voleva saggiare le applicazioni pratiche del Karate. Riteneva essenziale allenarsi con contatto con l'avversario come i pugili. Nel 1952 Oyama accettò un invito negli Stati Uniti per sfidare altri combattenti. Per un anno rispose a 270 sfide, contro pugili, lottatori, buttafuori, e chiunque lo sfidasse, senza mai essere sconfitto. Vinse la maggior parte degli incontri con un solo pugno. Da quel momento Oyama ricevette l'appellativo di "The God Hand" - "La Mano di Dio". In Giappone venne proclamato "Ichi Geki, Hissatsu!", cioè "Un Colpo, Morte Certa! ".

E' tradizione giapponese attribuire soprannomi a personaggi famosi. "La Mano di Dio" si adattava benissimo a Mas Oyama, uno dei maestri di Karate più famosi del mondo, anche se può apparire inappropriato od un pò troppo drammatico agli occidentali, che non hanno familiarità con la cultura giapponese. Comunque nel 1955 anche i giornalisti occidentali si riferivano ad Oyama come "The God Hand" quando descrivevano le sue imprese nei loro articoli. Questo soprattutto dopo aver assistito alle sue incredibili performances nel tameshiwari, le tecniche di rottura, e nel combattimento, durante le sue esibizioni negli Stati Uniti ed in Sud America. Per circa 50 anni, oltre 15 milioni di membri della Oyama's Worldiwide Kyokushin Karate Organization hanno assistito ad incredibili dimostrazioni. Per merito della potenza dei suoi colpi, della stretta della sua mano, dei suoi insegnamenti, e di quelli degli istruttori da lui formati, chiunque sia stato in contatto con lui, sa che quel soprannome non era inappropriato.

Emigrante in Giappone

Da giovane molte persone ed esperienze influenzarono quest'uomo enigmatico. Sebbene non conosciamo tutti i dettagli della sua formazione, abbiamo un buon quadro generale.

Masutatsu (Mas) Oyama, il cui vero nome era Yong I Choi, nacque il 27 luglio 1923 nel villaggio Wa Ryongri Yong-Chi Myonchul Na Do, nel sud della Corea. La sua era una famiglia aristocratica del clan Yangban. Suo padre Sun-Yang era il sindaco di Kinje, una città vicina al villaggio dove era nato Yong-I Choi. A 9 anni Oyama iniziò a studiare il Kenpo cinese del sud sotto l'istruzione del signor Yi, che era impiegato al servizio di suo padre. Con grandi aspirazioni Oyama sentì che il suo destino era in Giappone ed abbandonò la Corea a 15 anni. Solo, a Tokyo, il giovane coreano vagabondava senza speranza per la città non trovando un rifugio. Sentendosi non desiderato in quella terra straniera cominciò a rimpiangere di aver lasciato la Corea, temendo di aver fatto un terribile errore. Poi fortunatamente incontrò una famiglia di origine coreana che ebbe simpatia per lui e gli offrì una stanza nella loro casa. Fu in questo periodo che, seguendo l'usuale procedura degli immigranti coreani, in Giappone cambiò il suo nome credendo di poter essere più ben accetto nella società conservatrice giapponese. In onore della famiglia che lo aveva accolto, Choi scelse il loro cognome Oyama. I coniugi Oyama con cui viveva avevano due figli, Shigeru e Yasuhiko, che diventeranno entrambi studenti di Mas Oyama e due dei più prominenti e famosi membri del KyokushinKaiKan.

Il Karate con Funakoshi

 

All'età di 15 anni Oyama decise di servire il paese che ora chiamava casa arruolandosi nell'Accademia di Aviazione di Yamanashi, con l'intenzione di diventare pilota. Era il 1938 Net settembre dello stesso anno Oyama divenne studente di Funakoshi all'università di Takushoku, Funakoshi, un maestro di scuola di Okinawa, è stato il responsabile dell'introduzione del Karate in Giappone. E' quest'uomo che Oyama riferisce come il suo vero maestro di Karate. Nel corso degli anni Oyama ha sempre parlato con il più alto rispetto di Funakoshi, ricordando anche la sua gentile, ma al tempo stesso autoritaria presenza. Oyama continuò a dire che, di tutte le cose apprese da Funakoshi, il kata era la più importante. All'età di 18 anni Oyama aveva conseguito il grado di nidan (cintura nera secondo livello) ed era un fervente patriota, volontario per missioni militari speciali. Fu assegnato ad una base aerea vicino a Tokyo. Un giorno, provocato da un ufficiale, Oyama lo colpì.

Tempi duri

Sebbene dichiarato innocente, a causa della provocazione da parte dell'ufficiale, Oyama fu trasferito a compiere il suo dovere nell'area del Pacifico. Ma fortunatamente la seconda guerra mondiale finì, con la resa del Giappone, ponendo fine alla carriera militare di Oyama. Lo stress di aver perso la sua possibilità di carriera ed il disonore che provava per la sconfitta del suo paese erano quasi insopportabili per Oyama. I guai continuavano a seguire Oyama ovunque andasse. Scoraggiato dalle sorti della guerra e privo di fiducia in sè stesso, Oyama venne coinvolto in una serie di eventi che lo condussero a commettere un errore dopo l'altro. Oyama era grande e forte, ma anche ingenuo riguardo il mondo, caratteristiche ideali per essere circuito dai gangster che operavano nel mercato nero in Giappone. Questi loschi individui reclutarono Oyama con la promessa di facili guadagni. A causa della sua taglia Oyama veniva spesso utilizzato per risolvere delle dispute tramite l'uso della forza. A causa della sua associazione con questi criminali Oyama venne arrestato ed incarcerato per 6 mesi.

Immerso nell'allenamento

Dopo il suo rilascio, Oyama sentì che l'unica soluzione era immergersi nell'allenamento delle arti marziali ancora più duramente di prima. Già secondo dan di Karate sotto Funakoshi, Oyama voleva di più dalle arti marziali. Sebbene la pratica delle arti marziali in Giappone fosse proibita dalle forze di occupazione, c'erano luoghi nascosti dove allenarsi. Dovevi solo conoscere la lingua ed avere una presentazione formale con l'istruttore. Trovare qualcuno che potesse insegnargli non fu così difficile come Oyama si aspettava. Trovò un istruttore, coreano egli stesso, chiamato Nei-Chu So. Un'altra cosa in comune e che i due provenivano dalla stessa provincia della Corea. So era un esperto di Karate Goju-Ryu. Il Goju-Ryu, fondato da Chojun Miyagi nel 1930, era stato introdotto in Giappone da Gogen Yamaguchi soprannominato "Il Gatto". Yamaguchi ha riconosciuto apertamente che Nei-Chu So era stato uno dei suoi migliori studenti. Oyama riprese il suo allenamento nelle arti marziali sotto Nei-Chu So ed un forte legame si stabilì tra i due. So era un grande filesofo ed un carattere fiero, e possedeva convinzioni spirituali anche più forti. Oyama non solo apprese il Goju-Ryu da So, ma venne anche introdotto alla fede buddista della setta Nichiren. Fu So ad ispirare Oyama a dedicarsi al Karate per il resto della sua vita, spingendolo ad affrontare le sue sfide ed ottenere le sue vittorie e le sue realizzazioni. Nello stesso periodo che si alternava con So, Oyama cominciò anche a praticare Judo. Dopo quattro anni di allenamento conseguì il quarto grado di cintura nera di Judo (yondan).

Oyama amava assistere alle competizioni locali di danza per rilassarsi dopo gli allenamenti. Fu in una di queste occasioni che Oyama si trovò a soccorrere una donna da un attaccabrighe del posto. Quando Oyama intervenne, il giapponese, sospettato di molti omicidi, estrasse un coltello. Insultandolo cominciò ad agitare il coltello davanti al volto di Oyama, poi lancio un affondo. Oyama blocco l'attacco e tirò un terribile pugno alla testa dell'aggressore uccidendolo sul colpo. Grazie alle testimonianze dei presenti Oyama venne assolto per legittima difesa. Comunque quella tragedia ebbe un impatto deva stante su Oyama. L'uccisione di un uomo fu così pesante per lui che decise di abbandonare le arti marziali. Venne anche a sapere che l'uomo che aveva ucciso aveva una moglie ed un bambino in una fattoria nell'area di Kanto, vicino a Tokyo. Oyama vi si recò e lavoro nella fattoria per molti mesi. Non se ne andò finchè ha vedova non gli assicurò che era economicamente in grado di mandare avanti la fattoria e che non lo riteneva responsabile della morte del marito.

La ricerca di una vita

Questo fu un punto di svolta nella vita di Oyama. il suo istruttore di Goju-Ryu, Nei-Chu So, suggerì ad Oyama di andare via ad allenare il suo corpo e la sua anima affinchè il Karate potesse dare controllo alla sua vita. Oyama senza una direzione ed un obiettivo si domandava se il Karate fosse uno scopo realistico. L'allenamento nel Karate gli avrebbe dato il necessario controllo della sua forza ed at tempo stesso disciplina mentale? Se il Karate poteva realmente dargli questo, egli vi si sarebbe dedicato totalmente. Realizzò che sarebbe stato un viaggio lungo e difficile, ma era determinato a proseguire la sua ricerca. Net 1946 Mas Oyama, portando con sè solo le cose indispensabili per cucinare ed i suoi libri, cominciò il suo duro regime di allenamento in cima al monte Minobu, nella prefettura di Chiba. Il monte Minobu è to stesso luogo dove il famoso samurai del 17° secolo Miyamoto Musashi, ricevette l'ispirazione per il Nito-Ryu, il suo celebre sistema con due spade. Per Oyama questo era il posto ideale per allenarsi ed essere ispirato, secondo la tradizione del suo idolo Miyamoto Musashi.

Per 18 mesi, isolato sulle montagne, Oyama si mise alla prova contro gli elementi, allenandosi e meditando sotto cascate ghiacciate, facendo innumerevoli salti sopra i cespugli, ed usando gli alberi e le rocce come makiwara per condizionare le sue mani, i piedi, e le gambe. Cominciava ad allenarsi alle 5 di mattina, correndo per i pendii. Usando grossi massi come pesi, li sollevava centinaia di volte per aumentare la sua forza. In più eseguiva i kata almeno 100 volte al giorno, cosi come migliaia di ripetizioni dei kihon (tecniche di base), spingendosi sempre ai limiti della resistenza umana. Alla conclusione delta sua giornata di allenamento, leggeva gli scritti buddisti e faceva meditazione zazen. Fu in questo periodo che Oyama cominciò a contemplare l'idea di cerchio e punto per il suo Karate.

Iniziò anche ad immaginare se stesso che sconfiggeva un toro a mani nude. Se fosse divenuto abbastanza forte e potente da sconfiggere un toro con il suo Karate sarebbe divenuto famoso. Ma non era la fama a cui aspirava. Oyama pensava che l'impresa gli avrebbe permesso di mostrare agli altri la forza e le virtù del Karate.

Avrebbe non solo raggiunto la padronanza del Karate, ma anche istruito altre persone. Dopo 18 mesi di solitudine, Oyama discese dalle montagne. Era il 1947 ed in Giappone si sarebbe tenuto il primo torneo di Karate dalla fine della seconda guerra mondiale. Oyama partecipò a questo All Japan Karate Tournament a Maruyama Kaikan di Kyoto e risultò il vincitore, il primo campione del torneo. Un intenso uomo di 24 anni, ma non soddisfatto di questo risultato, Oyama torna sulle montagne per un altro anno di strenui allenamenti di 14 ore al giorno, ma sentiva che ancora qualcosa mancava nelle sue arti marziali e che non aveva ancora veramente raggiunto il suo massimo potenziale. A tutt'oggi non c'è un'altro che abbia seguito un tale regime di allenamento nelle arti marziali. Dopo quell'isolamento finale Oyama torna alla civiltà pronto a mettere in pratica quanto imparato. Fu in quel periodo che decise di applicare la sua conoscenza del Karate in una lotta di vita o di morte. Uno scontro che avrebbe opposto un uomo ad un toro.